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Cgil: referendum del 22 ottobre inutili, pericolosi e costosi

Il documento approvato dal direttivo nazionale Cgil molto critico sulla consultazione voluta da Lombardia e Veneto. «Siamo per un federalismo cooperativo e solidale ma quesi referendum sono dominati da spinte autonomiste esplicite che mettono in discussione l’unità del sistema di diritti e mirano a rompere il vincolo di solidarietà della comunità statuale»


Il Direttivo nazionale della Cgil ha approvato un ordine del giorno sui problemi legati all’assetto istituzionale e in particolare alle questioni relative all’equilibrio tra decentramento, fisco, uso delle risorse e rapporto tra Stato e Regioni anche in vista dei referendum in Veneto e Lombardia. “La Cgil - si legge nel documento votato alla fine della riunione del Direttivo - ribadisce dunque il suo orientamento per un sistema policentrico e decentrato che si realizzi in un quadro unitario di federalismo cooperativo e solidale; questo orientamento è stata una delle ragioni del nostro NO al Referendum sulla Legge Costituzionale il cui impianto neocentralista avrebbe ulteriormente allontanato i cittadini dai luoghi delle decisioni.

Oggi, a oltre quindici anni di distanza, dobbiamo tuttavia confrontarci con il perdurare di quelle criticità del Titolo V della Costituzione, con le contraddizioni di un centralismo finanziario operato in un quadro di decentramento di competenze cui non corrisponde un’adeguata redistribuzione delle risorse, con le contraddizioni derivanti dall’aver legiferato come fosse vigente la legge di riforma Costituzionale bocciata dal referendum del 4 dicembre che stanno determinando nuove incertezze istituzionali e, da ultimo, con l’iniziativa presa o annunciata da più Regioni di avocare a sé ulteriori funzioni in attuazione dell’art. 116 terzo comma”.

Per quanto riguarda in particolare i due referendum del prossimo 22 ottobre, la Cgil dice: “L’iniziativa specifica di Lombardia e Veneto è, invece, dominata da spinte autonomiste esplicite che mettono in discussione l’unità del sistema di diritti e mirano a rompere il vincolo di solidarietà della comunità statuale. Spinte autonomiste di cui i referendum consultivi promossi da queste Regioni per il prossimo 22 ottobre sono espressione e che, pur non avendo alcuna efficacia esecutiva, vengono rappresentati come decisionali.
Referendum inutili in quanto non richiesti dalla legittima procedura costituzionale che consente alle Regioni di avviare trattative con il Governo per la definizione di ulteriori forme di autonomia in determinate materie.
Referendum che strumentalizzano il voto e la partecipazione democratica per ottenere un consenso politico finalizzato, attraverso il riconoscimento di una presunta specialità fondata sulla capacità produttiva, trattenere il gettito fiscale prodotto sul territorio.
Referendum pericolosi per le delibere di Giunta che li accompagnano impregnate di quella retorica “federalista” del “Nord efficiente e produttivo” contrapposto al “Sud parassita e incapace”.
Referendum, dunque, ispirati dall’idea che nella crisi ognuno possa fare per sé, rompendo il vincolo di solidarietà nazionale; dall’idea che il “mio diritto” (ad avere una sanità di qualità, un’istruzione di alto livello, servizi efficienti...) venga prima di quello degli altri e vada messo al sicuro, incrementando le disuguaglianze tra territorio e territorio invece di abbatterle, esportando modelli di efficienza e dall’idea che il contributo di ogni territorio al bilancio dello Stato sia un furto, una sottrazione indebita mirata a coprire incapacità altrui”.

Riteniamo l’impostazione sottesa a questa iniziativa in contrasto con l’impianto costituzionale del Titolo V finalizzato a creare un sistema in cui ciascun territorio possa godere dell’autonomia necessaria a farsi promotore di sviluppo, a valorizzare le proprie peculiarità, in un quadro unitario e solidale. In contrasto al dettato costituzionale sul fisco e con un’idea delle risorse commisurate alle funzioni, in contrasto con il principio perequativo in base al quale lo Stato si deve fare garante di una redistribuzione mirata ad assicurare su tutto il territorio i “livelli essenziali”, in contrasto con l’equilibrio che deve governare il rapporto tra le Istituzioni locali che si infrangerebbe in favore di un centralismo regionale. Tutto questo porta alla necessità di ribadire con forza che le risorse derivanti dalla tassazione debbano rimanere di esclusiva competenza dello Stato e che la sua redistribuzione si fonda su principi di equità e con criteri condivisi….

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