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Regolarizzazione. Un primo passo, ma non ci fermiamo

Ciconte, direttore di Terra!, sulla regolarizzazione dei migranti: “Nel testo anche delle torsioni negative. Ma ora possiamo far firmare i contratti e smantellare i ghetti. Sei mesi sono pochi, ma a quel punto si aprirà una nuova partita”


Articolo di Collettiva.it

Non è certo il miglior decreto possibile, ma è comunque un importante passo avanti per migliaia  di persone, ed è una nostra vittoria. È questo, in soldoni, il giudizio di Fabio Ciconte, direttore dell’associazione Terra!, sull’articolo 112 del cosiddetto “Decreto Rilancio”, quello che istituisce la procedura per la regolarizzazione di braccianti, colf e badanti migranti in Italia. 

Terra! insieme alla Flai Cgil, all’alba dell’emergenza Covid, aveva infatti promosso una campagna per la regolarizzazione dei braccianti agricoli, invitando Conte e Mattarella ad agire affinché i ghetti informali sparsi sul territorio italiano non si trasformassero in focolai di contagio. “Per noi, per il lavoro che abbiamo svolto in questi mesi – continua Ciconte -, il decreto è ovviamente un traguardo importante. Quindi ne siano contenti. D’altro canto, non ci sfugge che è una misura frutto di compromesso in una coalizione di governo che include posizioni assai differenti su questi temi. Il decreto quindi è figlio di una mediazione, e per questo è solo un punto di partenza”.

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Per l’associazione Terra!, gli aspetti più positivi riguardano ovviamente “la potenziale regolarizzazione di migliaia di persone, non solo in agricoltura, a cui verrà dato un  permesso per  la ricerca di lavoro. Soprattutto per quanto riguarda quelli che sono diventati irregolari dopo aver già avuto un contratto in Italia”. C’è poi, un aspetto “che è fondamentale, ma è passato un po’ sottotraccia” e riguarda l’obbligo di intervento da parte di regioni e prefetture su ghetti e baraccopoli: “Vanno smantellati, non per proporre tendopoli temporanee che poi diventano poi permanenti com’è successo a Gioia Tauro. Bisognerà trovare alloggi veri, per persone con un contratto e che quindi potranno pagare un affitto e le tasse”. 

Nel testo, però, ci sono anche delle “torsioni negative”, come quella che riguarda chi ha ricevuto un decreto di espulsione e che non potrà mettersi in regola: “Queste persone non andranno certo via e rimarranno in Italia come irregolari”. Poi c’è un problema relativo ai tempi della regolarizzazione: “Sei mesi per trovare un contratto non sono molti, ci aspettavamo almeno un anno. Questo ci porta a chiederci cosa succederà dopo. E una risposta ancora non ce l’abbiamo”. 

Resta anche il nodo della platea. “Sulle cifre - spiega ancora Ciconte - non c’è chiarezza. Fonti del ministero dell’Interno parlano di circa di 580.000 persone, ma è tutto da dimostrare. Molto dipenderà dalle circolari attuative. Il rischio vero è che non si stia nei tempi prefissati. Lo ripeto, questo decreto è un primo passo, non è La Mecca”. 

Ma non è nemmeno una vittoria a metà: “In alcuni momenti abbiamo rischiato che non si facesse nulla. E prima che lanciassimo la nostra campagna #Regolarizzateli non c’era nessuna ipotesi sul tavolo. Se è stato fatto il massimo, bisognerebbe chiederlo ai ministri del governo. Pragmaticamente, è stato fatto tanto in una situazione complicata. Noi chiedevamo la regolarizzazione da anni ma, come al solito, nelle situazioni di emergenza si riesce a fare qualcosa che tre mesi fa sarebbe stato impossibile. Lo ripeto, è un primo passo”. 

I prossimi sono “far firmare un contratto di lavoro a più persone possibile, fare in modo che i ghetti vengano smantellati per davvero, e quando finiranno questi fatidici sei mesi, avviare subito una nuova partita”. Perché  “è evidente queste persone sono un pezzo importante dell’economia e dell’assistenza di questo Paese, e vanno tenute in considerazione. Senza di loro crolla tutto”. 

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