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Libere di scegliere? Donne di mafia. Storie di ribellione e coraggio

Un resoconto del seminario dello scorso 12 maggio promosso dal LOG (Laboratorio osservatorio sugli studi di genere), centro di cui fa parte anche la Cgil di Brescia.


“Libere di scegliere? Donne di mafia. Storie di ribellione e coraggio”. Questo è il titolo del seminario promosso on line lo scorso 12 maggio dal Centro di Ateneo sugli studi di genere dell’Università degli Studi di Brescia – LOG, di cui la Cgil di Brescia fa parte. Interessante, per tante ragioni. La prima, per l’idea stessa di proporre, durante le giornate di lockdown, un dibattito su un tema di ampio respiro. Una spinta a guardare avanti nel momento in cui siamo, più che mai, obbligati a occuparci solo dell’emergenza, dell’imminenza e dei suoi risvolti pratici contingenti. È salutare, in questo contesto, ricominciare a lavorare su tematiche generali, che ci fanno muovere anche nello spazio dell’idealità e che spingono a guardare al futuro.

Interessante perché è partita dal racconto di esperienze realizzate in questi anni, riportate da Vincenza Rando, Vicepresidente nazionale dell’associazione Libera, referente del progetto "Liberi di scegliere" che, nel suo lavoro di avvocata, ha seguito importanti progetti di giustizia riparativa rivolti a donne legate alla criminalità organizzata, spesso mogli di “mafiosi”, e dei loro bambini. La donna ha un ruolo rilevante, a livello culturale, nel sistema mafioso, perché occupandosi della famiglia e della cura dei figli, si trova a tramandare i valori di riferimento alle future generazioni. È evidente, dunque, come il lavoro con le donne, in questo contesto, assuma particolare significato e lungimiranza.

In particolare, Vincenza Rando ha illustrato l’importanza di sviluppare una giustizia che non sia solo repressiva ma anche riparativa, soprattutto con le donne. Solo rompendo con il passato, per costruire qualcosa di diverso, si possono offrire le condizioni per una ricucitura del tessuto sociale e del territorio ferito dalle mafie. Una riflessione importante anche dal punto di vista sindacale, che richiama a quanto il lavoro sia essenziale nelle vite, fonte di sostentamento, dignità ed emancipazione; che invita a riflettere su quanto siano necessari i progetti per l’inclusione nel mercato del lavoro di tutti coloro che, per le più svariate ragioni, si trovano oggi in difficoltà.

Un invito a riflettere su quanto siano necessari i progetti per l’inclusione nel mercato del lavoro di tutti coloro che, per le più svariate ragioni, si trovano oggi in difficoltà

Al racconto delle esperienze e a qualificate riflessioni in ambito giuridico, è seguito un dibattito tra docenti afferenti a diverse discipline scientifiche, giuridiche, filosofiche e criminologiche sul tema della giustizia riparativa: un approccio alla giustizia che “vive il reato come danno alla persone, prevedendo un coinvolgimento attivo della vittima, dell'agente e della stessa comunità civile nella ricerca di soluzioni atte a far fronte all'insieme di bisogni scaturiti a seguito del reato”. Varie le considerazioni emerse: dall’importanza dell’approccio in sé, alla sua maggiore capacità di prendersi cura delle vittime –spesso dimenticate dai modelli tradizionali troppo concentrati sul colpevole–, alla necessità di riformulare il sistema penale-carcerario, per certi versi, strutturato intorno a paradigmi superati e oramai tendenzialmente inefficaci.

Un interessante dibattito, non solo accademico, in cui è emersa anche l’importanza della prospettiva di genere che, per la società civile e per il sindacato, se meglio conosciuta, potrebbe aprire positive opportunità. Soprattutto oggi, in una fase in cui, sembrano trovare diffusione e forza ideologie che vanno nella direzione opposta a quella discussa nel seminario, dove si esprimono cioè pulsioni di esasperato giustizialismo, che vedono solo la punizione come panacea dei problemi, una prospettiva spesso sostenuta, quando non promossa, anche da figure politiche di rilievo. L’appello per “pene più severe” che sarebbero in grado di risolvere ogni difficoltà sociale è frequente strumento di polemica politica che costruisce l’altro sempre e solo come nemico. 

La realtà ci pone davanti anche ad alcuni esempi estremi di regressione culturale. Tuttavia, l’esperienza ci dimostra che è illusorio pensare di risolvere i problemi solo attraverso approcci punitivi.

Ma al tempo stesso è evidente come oggi un certo tipo di retorica pare fare molta presa nelle nostre società attraversate da problemi economici e sociali. Davanti a questa situazione, intrecciare il dibattito accademico con il racconto di esperienze e la divulgazione degli studi che mostrano l’efficacia dei nuovi o diversi approcci, orientati al principio della giustizia riparativa, può risultare non solo interessante, ma molto utile per individuare strumenti adatti a comprendere e innovare la realtà.

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